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Esposizione d'Arte "Forme e Colore" - Briciole d'arte e... fantasia

M. Banchio - E. Cutuli - F. Vichi

Francesco Vichi “IL BOSCO DELLE NINFE”

di Anna Maria Faldini

Il BOSCO DELLE NINFE è il titolo del libro che Francesco Vichi ha pubblicato nel 2016 per i tipi della Libellula Edizioni. Nel sottotitolo troviamo la sintesi di ciò che contiene: Selva di riflessioni, aforismi, considerazioni, appunti, brani letterari. In effetti esso contiene facezie, paradossi, considerazioni ironiche e divertenti, saggi, racconti, liriche in italiano in dialetto e in latino e una tragedia ironica, ma non tanto, in due atti. Francesco ha qui scritto tutta la storia del mondo, ovvero tutta la storia del suo mondo, quella che lo scrittore ha raccolto, creando un’empatia tangibile con tutto ciò che lo ha sfiorato. Ogni evento accaduto nel tempo fino al momento presente, è stato da lui registrato e molto è stato integrato nelle pagine di quest’opera.

Diversi luoghi del nostro territorio fanno da sfondo, come la fortezza del Priamàr che lo ha coinvolto con il suo fascino aspro, ma antico, i suoi muraglioni potenti e le sue scabrosità petrose. Gli scritti osservano gli spazi della nostra città e gli scenari della Liguria di cui colgono ombre e luci. Tramite la parola Francesco, da musicista e scrittore, trasmette pensieri arricchiti dal suo tocco poetico e da una buona dose di ironia con la quale ha approfondito i difetti dell’uomo e le sue pulsioni negative, dando voce a intuizioni che gli hanno consentito di trovare espressioni sintetiche ed essenziali. La loro rappresentazione grafica ha reso comprensibile quella realtà impalpabile che spinge tutti noi a chiederci il perché di tutto.

Poiché scrivere significa saper dosare le parole ed è necessaria un’abilità particolare nel metterle nero su bianco, Francesco ha ben chiara l’idea che vuole materializzare, come avviene per l’elaborazione di un dipinto, perché è anche pittore figurativo, anche se oggi si presenta nella veste di scrittore. Nel mondo delle parole le sue sensazioni divengono i cardini attorno a cui muove i suoi passi, gli strumenti che gli permettono di attraversare la parete della realtà per entrare nella dimensione del suo intelletto, di mutare i concetti esposti di pagina in pagina.

I contenuti dei suoi scritti sono costruiti per arricchire uno spazio personale dalle insolite ramificazioni mentali. Fra facezie e paradossi surreali, essenzialmente riprodotti e spesso esaltati dalla consapevolezza dell’esistenza della caligine del Male, sofisticati pensieri si sviluppano, idee si intrecciano tortuose nelle onde degli aforismi e delle liriche in cui sentimenti e constatazioni, alternandosi, si influenzano a vicenda, frantumandosi e dissolvendosi nel bianco della carta.

Quella di Francesco Vichi è un’esaltazione personalissima della parola scritta, gestualmente tracciata come nei suoi dipinti, per raccontare i suoi stati d’animo: ironia, fastidio, tedio censura, biasimo, dissenso, sentenza, sarcasmo, tristezza, ma sopratutto immensa sfiducia nel genere umano. E come dal vaso di Pandora, dopo che sono usciti tutti i mali che affliggono il mondo, è rimasta una piccola cosa, la speranza, così nel libro di Francesco resta i raggiungimento di una qualche giustizia, sebbene ottenuta in modo del tutto trasversale.

Il tema di questa esposizione, che organizziamo all’interno dell’evento “Briciole d’arte e... fantasia”, è FORMA E COLORE, titolo scelto dagli artisti Mirko Banchio e Erica Cutuli. Oggi approfondiamo anche le tematiche intellettuali dello scrittore Francesco Vichi, e trattiamo, seppur brevemente, dell’esegesi dell’evoluzione artistica di due giovanissimi artisti e delle stratificazioni che l’insegnamento e le esperienze didattiche producono e che hanno portato un pittore e una ceramista alla diversificazione delle loro abilità e delle loro scelte artistiche.

Mirko Banchio “FORMA E COLORE”

di Anna Maria Faldini

 

Mirko Banchio è un giovanissimo artista savonese che ha seguito la sua propensione artistica approfondendo, presso il Liceo Artistico “Arturo Martini”, il disegno architettonico. Poi, volendo iscriversi ad un corso di restauro a Torino, ha pensato di fare la conoscenza dell’acquerello. Ha quindi chiesto, quattro anni fa, a Laura Romano di iniziarlo a questa tecnica pittorica. Durante l’università, che sta ancora frequentando, ha continuato e continua a dipingere con gli acquerelli, che preferisce all’olio e all’acrilico, pur avendo provato anche queste tecniche.

La sua, come afferma proprio Mirko, è comunque una tecnica piuttosto particolare: usa poca acqua e la sostanza cromatica che ne risulta è molto materica e densa. Inoltre traccia con la china il contorno della sue produzioni pittoriche. Questa sua necessità dipende probabilmente dai suoi studi di architettura dove sono le linee ad essere essenziali, anzi dominanti.

Gli elementi dei suoi acquerelli, che riproduce in uno stile fedele alla realtà, fanno sostanzialmente parte del mondo marino, infatti il nostro Mirko si sente attratto dagli animali che popolano i mari: pesci, crostacei e quant’altro. I suoi lavori, dai colori decisi e ben definiti, descrivono gli abitanti delle profondità marine ripresi in un momento probabile per quanto statico della loro vita.

Mirko trova ideale dipingere il soggetto senza esibirlo su uno sfondo o ambientarlo nel suo habitat, e anche se a volte usa come base di partenza un colore neutro, l’intenzione è quella di dare importanza minimale all’ambiente e di esaltare l’animale. Ultimamente, però, disegna un’ombra al di sotto del soggetto per dare consistenza tridimensionale e più attinenza reale al suo disegno. Lo sfondo bianco o l’ombreggiatura servono solo a dare rilevanza all’elemento dipinto.

Gli animali di Mirko sono riprodotti in uno stile che definirei figurativo-naturalistico che mi fa pensare ai pittori che hanno disegnato per i libri di scienze piante e animali con una precisione esemplare, quando ancora la fotografia non esisteva. Ma un particolare li differenzia dalle immagini puramente scientifiche, nella  rappresentazione, che appartiene al pianeta del reale, gli occhi evidenti e vivi degli esseri marini di Mirko ci osservano e sembrano guardare il mondo, il nostro, come una dimensione sconosciuta e distaccata dalla loro realtà.

Mirko, col suo lavoro, collega due dimensioni: quella artistica che si serve dello spazio immaginario del supporto, su cui pone la materia pittorica delle sue opere, e quella che proietta l’immagine nell’immaginario del fruitore.

In questo emiciclo espositivo di oggetti, alcuni posti per esaltarli su teli neri, le opere acquarellate raccontano un mondo in apparenza insondabile, perché da noi conosciuto solo attraverso chi lo esplora e lo fotografa. Mirko ricompone questo mondo servendosi di cromie consistenti e di linee di definizione.

Sognare nell’arte e con l’arte è uno dei modi che l’artista ha di creare, realizzando una realtà espressiva a cui aderisce con il cuore e con la mente.

Erica Cutuli “FORMA E COLORE”

di Anna Maria Faldini

 

I giochi preferiti di Erica Cutuli bambina erano i colori, le matite, i pennarelli. Mi ha raccontato che il papà disegnava i personaggi dei fumetti e lei imparava seguendo i suoi gesti. Erica ha poi frequentato l’Istituto d’Arte ad Acqui Terme dove ha seguito diversi laboratori: decorazione pittorica, disegno dal vero, decorazione plastica e modellato in stile figurativo. Dopo il diploma, nel 2013, spinta sempre dal papà, ha iniziato a fare ceramica alla Scuola di Laura Romano.

La base di partenza di Erica è stato quindi l’insegnamento dello stile figurativo. È importante che un’artista sappia come si riproduce dal vero un soggetto per non essere accusata di fare pura improvvisazione, quando decide di dedicarsi ad altro stile. Tramite un’interpretazione più attuale la nostra artista vuole distaccarsi da quelli che sono i cliché classici per incidere nei suoi lavori la sua personalità, perché, come afferma Erica, quando l’artista  impasta la creta trasmette alla materia la sua energia. Sono comunque significative ed essenziali le “stratificazioni delle esperienze didattiche” e la padronanza delle tecniche di base per una giovane che vuole intraprendere un percorso artistico, per quanto totalmente libero da legami ideologici e dottrinali.

Erica nei suoi modellati persegue una modalità espressiva liberamente astratta perché, come mi ha detto, “le dà l’idea di smarrirsi proprio come desidera” nel momento della creazione. Quindi smarrirsi, divertendosi e seguendo l’istinto, diviene  fondamentale nella creazione e nella trasformazione dell’oggetto ceramico in sculture che siano piacevoli ma anche divertenti da realizzare, giocando in un coloratissimo e variegato mondo di forme, colori e linee.

La nostra ceramista predilige modellare strutture arricchite da segmenti colorati con smalti, dalle cromie spesso contrastanti, o con l’ingobbio; le realizza nella terra semirefrattaria, un materiale ceramico più duttile e malleabile rispetto ad altre terre. Per Erica anche il colore è basilare, è una delle note artistiche che la definiscono: i suoi smalti e i suoi ingobbi sono allegramente intensi, profondi e decisi, e dominano per importanza la sua poetica.

La nostra giovane ceramista accompagna il gesto artistico in parallelo ai battiti del suo cuore, perché lavora col cuore, mentre impasta con amore la materia argillosa e la trasforma in vasi, piatti e oggetti, assecondando solamente il dictat della fantasia e dell’immaginazione che la spingono a inventare oggetti e fiori del tutto fantasticati.

La sua è una concezione moderna della creazione ceramica, è un’art-design non ripetitiva, le sue opere insomma sono pezzi unici, tutti i suoi lavori ceramici si possono appendere o posare per decorare la casa.

Queste sono le opere che Erica mette in mostra in questa esposizione che spazia dal tema figurativo all’astratto e al floreale, e che ben rappresenta il suo immaginario anche nel modo personale e originale di interpretare il concetto di installazione, ha infatti usato dei bancali di recupero invece dei nostri più classici cubi.

Come ho già affermato molte volte, questo è un momento storico in cui l’arte è interpretazione assolutamente libera come liberi sono i nostri due giovani interpreti di realizzare i loro desideri.

Lasciatemi ancora dire che sono molto felice di inaugurare l’esposizione di questi due giovani artisti, Mirko Banchio ed Erica Cutuli. La gioventù è, nel campo dell’arte, un vantaggio ulteriore rispetto all’abilità o alla propensione naturale, perché questi due ragazzi avranno più tempo di realizzare i loro sogni rispetto a noi “vecchi”, artisti e scrittori.

I nostri due artisti stanno costruendo il loro futuro mentre a noi resta solo, si fa per dire, la speranza di costruire ancora qualcosa di positivo, mentre ideologie negativamente invasive stanno appestando la nostra quotidianità e minacciano tutti, giovani e non, e noi attendiamo, prima che passi l’ultimo treno, che vengano sconfitte dal BENE e dalla bellezza dell’arte.

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